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Giulio Natta,
l’uomo, lo scienziato
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PARTE I
GIULIO NATTA: LE OPERE, LO SCIENZIATO E L’UOMO


Cenni biografici - Il percorso universitario

Giulio Natta nacque a Porto Maurizio (Imperia) il 26 febbraio 1903, da genitori liguri: Francesco Maria, un alto magistrato, ed Elena Crespi. Dopo essersi diplomato al Ginnasio e Liceo Colombo di Genova entrò, a soli 16 anni, all'Università della stessa città per seguire il biennio propedeutico di matematica. Nel 1921 si iscrisse ai corsi di applicazione in Ingegneria Industriale (chimica) al Politecnico di Milano, dal quale usci, nel 1924, a 21 anni, laureato in Ingegneria Industriale (chimica), dopo essere stato allievo interno, dal 1922, nell'Istituto di Chimica Generale, allora diretto dal professor Giuseppe Bruni, del quale divenne subito assistente.
Giulio Natta iniziò subito la carriera universitaria, con Giuseppe Bruni e, dopo tre anni, consegui la libera docenza in Chimica Generale.
Nel 1925 gli venne conferito l'incarico di insegnamento di Chimica analitica, che tenne fino al 1932. Nel contempo, dal 1929 al 1933, tenne anche un corso di Chimica fisica presso la Facoltà di Scienze dell'Università di Milano.
Nel 1933 vinse la cattedra di Chimica Generale all'Università di Pavia, dove rimase fino al 1935, insegnandovi anche Chimica fisica. Nel 1935 venne chiamato a ricoprire la prestigiosa cattedra di Chimica Fisica dell'Università di Roma e, nel 1937, quella di Chimica Industriale al Politecnico di Torino. In quell'epoca, a seguito delle persecuzioni razziali, Mario Giacomo Levi dovette lasciare la direzione dell'Istituto di Chimica industriale del Politecnico di Milano e, nel 1938, Natta fu chiamato a sostituirlo. Ed è al Politecnico di Milano che Natta rimase fino al 1973 come professore ordinario di Chimica Industriale e direttore dell'omonimo Istituto.


Lo scienziato

Da un esame del curriculum accademico e dei suoi lavori scientifici appare chiaro che Natta non ebbe un vero e proprio maestro, ma che si formò da solo.
La passione per la chimica era in lui innata. Ancora studente, nella sua abitazione di via Rugabella a Milano si era attrezzato un laboratorio dove conduceva esperimenti, a volte con esiti rischiosi.
All'inizio degli anni Venti, mentre adempiva agli obblighi di leva, condusse presso il Politecnico di Milano esperienze sull'yprite, un gas vescicante utilizzato nel corso della prima guerra mondiale: sperimentava le caratteristiche dei suoi preparati sulla pelle del proprio polso, per anni segnato da piccole cicatrici. In quel periodo, per stare più vicino alle sue ricerche, si era sistemato una branda in un laboratorio dell'Istituto di Chimica Generale.
Il suo primo lavoro scientifico venne pubblicato sulla "Gazzetta Chimica Italiana" nel 1923 (vol. 53, pag. 532). Ma la sua attività scientifica ha spaziato in vari settori (vedi documento pdf "Principali settori dell'attività scientifica e collaboratori di Giulio Natta").


Gli studi di strutturistica

Le ricerche di Natta si orientarono presto verso la strutturistica chi-mica, affrontata dapprima con l'applicazione dei raggi X e poi con la al-lora modernissima diffrazione di raggi di elettroni, tecniche che per la prima volta in Italia, nel centro che all'epoca poteva essere considerato il più importante in Italia per tali studi, venivano applicate alla risoluzione di problemi di natura chimica.
Nello studio di composti tra ossidi e solfuri metallici determinò i rapporti tra i raggi ionici dei componenti che condizionano la formazione di determinate strutture. Approfondì lo studio dei fenomeni di isomorfismo e giunse alla preparazione di soluzioni solide con nuovi metodi, ad esempio per precipitazione. Determinò la struttura di numerosi idrossidi e idrati contenenti acqua di coordinazione. Con un particolare e ingegnoso spettrografo per basse temperature, da lui stesso costruito, determinò la struttura di gas solidificati a bassa temperatura. Nel caso degli acidi alogenidrici che presentano la stessa struttura dei gas nobili aventi lo stesso numero di elettroni, giunse a un metodo diretto per la determinazione dei raggi ionici nei cristalli. Determinò la struttura dell'idrogeno solforato solido e di altri composti di idrogeno.
È con queste ricerche che nacque in Natta l'interesse per problemi di carattere anche applicativo. Il suo primo brevetto industriale risale al 1927.


La chimica dell’ossido di carbonio, degli alcoli e delle formaldeide (chimica del C1)

Al 1930 risalgono i primi lavori scientifici sulle sintesi del metanolo e degli alcooli superiori (preceduti e accompagnati da alcuni brevetti, estesi all'estero). In quell'epoca il metanolo era un prodotto tra i più importanti derivati organici industriali, utilizzato per la preparazione di vari composti organici e come solvente, e la sua sintesi era oggetto di ricerche presso le industrie straniere e nei paesi più avanzati.
Sul piano scientifico, i lavori di Natta in questo settore consentirono, in particolare, di mettere in relazione l'attività dei catalizzatori con le dimensioni dei singoli germi cristallini, di definire i meccanismi di reazione, di evidenziare il ruolo di taluni promotori e di proporre nuovi catalizzatori.
Sul piano applicativo portarono alla realizzazione, nel 1930, del primo impianto italiano di metanolo, a Coghinas (Sassari) seguito da altri, in Italia, Svizzera e Sud America, con capacità, all'epoca non trascurabile, di oltre 10.000 t/anno.
I lavori in questo settore diedero a Natta notorietà internazionale, tanto che, più tardi, gli venne chiesto di scrivere due monografie per una nota serie di volumi: "Catalysis", curata da P.H. Emmett [Synthesis of Methanol, in "Catalysis", P.H. Emmett (a cura di), Reinhold Corp., New York 1955; Direct Catalytic Synthesis of Higher Alcohols from Carbon Monoxide and Hydrogen, ivi, 1957].
Agli anni Trenta risalgono anche le indagini sulla gassificazione con ossigeno a bassa temperatura di combustibili nazionali, effettuate con un gassogeno sperimentale da lui installato presso l'Istituto di Chimica Industriale del Politecnico di Milano. Anche queste ricerche condussero alla realizzazione di diversi gassogeni industriali, ciascuno avente una potenzialità di 50.000 m3/giorno di gas, utilizzati (in tempo di autarchia) per la preparazione di ammoniaca, fertilizzanti azotati, carburanti e metanolo.
Ancora agli inizi degli anni Trenta, Natta si accinse allo studio della preparazione della formaldeide (un altro importante derivato organico, impiegato nella preparazione di resine termoindurenti - resine fenolo/formaldeide (bakelite), resine urea/formaldeide, adesivi, vernici, esplosivi) mediante deidrogenazione ossidativa del metanolo che, più tardi, portò alla messa a punto di nuovi catalizzatori applicati su scala industriale.


Le prime ricerche sugli alti polimeri

I primi lavori di Natta nel campo degli alti polimeri risalgono al 1934, a seguito di un periodo trascorso in Germania, a Friburgo (con una borsa di studio della Fondazione Volta ottenuta nel 1932) presso il Laboratorio del dott. Seeman, dove conobbe il prof. Hermann Staudinger, premio Nobel nel 1953 per la chimica, per le ricerche svolte sulle proprietà e sulla struttura degli alti polimeri naturali (cellulosa, gomma naturale, guttaperca) e sintetici.
Già nel 1922 Staudinger aveva dimostrato che tali sostanze erano costituite da grandi molecole, e non da aggregati, coniando il termine "macromolecola". È su sostanze del genere, di cui alcune ricevute da Staudinger, che Natta applicò, per primo, la tecnica della diffrazione di elettroni per caratterizzarne la struttura.


Idrogenazione del furfurolo e dei carboidrati

Ma per alcuni anni ancora egli si occuperà di altri problemi aventi interesse applicativo: idrogenazione di carboidrati, per la produzione di glicoli e di glicerina, interessanti per ragioni di autarchia, idrogenazione del furfurolo, sintesi dell'isottano (per carburanti), produzione di idroge-no da metano.


Le ricerche sulla gomma sintetica

Nel 1938, su incarico del Governo e in stretta collaborazione con l'industria, Natta si dedicò a ricerche per la produzione di gomma sin-tetica in Italia, lavorando principalmente alla separazione - dall'l-butene - del butadiene a uno stato sufficientemente puro che ne consentisse l'utilizzo per l'ottenimento di elastomeri mediante copolimerizzazione con lo stirene (Buna S.). Si trattava di una operazione estremamente difficoltosa da realizzarsi per via fisica, essendo le temperature di ebollizione dei due composti molto prossime. Natta attuò un nuovo metodo fisico di separazione da lui accuratamente studiato e messo a punto: l'absorbimento frazionato.


L'oxosintesi

Nell'immediato dopoguerra affrontò un nuovo argomento, allora di grande attualità: "l'oxosintesi", una sintesi scoperta in Germania che consentiva di ottenere aldeidi (e alcooli) mediante addizioni catalitica di CO e H2 sulle olefine. I contributi di Natta in questo settore consentirono di chiarire i meccanismi di reazione, di meglio definire le condizioni operative e vennero applicati alla realizzazione dei primi impianti di oxosintesi di Ferrara, nell'ambito del primo grande complesso petrolchi-mico italiano.


La polimerizzazione stereospecifica

Tuttavia, i lavori che diedero maggior fama a Natta e che portarono al conferimento del premio Nobel, assieme a Karl Ziegler del Max Planck Institut di Mulheim, riguardano la polimerizzazione stereospecifica, da lui scoperta, anche attraverso una serie di circostanze fortuite, e studiata in modo capillare.
Nel 1952, ascoltando una conferenza di Karl Ziegler a Francoforte, rimase colpito dal fatto che la poliaddizione dell'etilene avvenisse in presenza di composti metallorganici, dando luogo a oligomeri di non alto peso molecolare, ma perfettamente lineari e che, nella dimerizzazione delle ?-olefine, si ottenesse un solo dimero, ma di struttura ben definita, a differenza delle miscele complesse, che si hanno con i normali catalizzatori cationici. Natta invitò Ziegler a tenere una conferenza al Politecnico di Milano e suggerì alla Montecatini di stipulare con Ziegler un contratto che consentisse alla Società di disporre dei risultati, passati e futuri, da lui ottenuti nel campo dei composti metallorganici e del loro impiego.
Nel contempo Natta istituì presso il Politecnico un corso avanzato di Chimica industriale organica alifatica per tirocinanti laureati assunti dalla Montecatini, ma selezionati dallo stesso Natta, il quale venne cosi a di-sporre, nei propri laboratori, di un primo ristretto gruppo di validi ricer-catori, con i quali iniziò lo studio della poliaddizione dell'etilene e della polimerizzazione di altre olefine con composti metallorganici.
Nel 1953 Ziegler depositò il suo primo brevetto sulla polimerizzazio-ne dell'etilene ad alti polimeri, ottenuti a bassa pressione in presenza di catalizzatori costituiti da metallo-alchili di metalli del 1° e del 3° gruppo del sistema periodico e composti di metalli di transizione dal 4° all' 8° gruppo. Questi lavori di Ziegler, di estrema importanza, erano però limitati alla polimerizzazione dell'etilene, già ottenuto all'epoca nei grandi impianti di steam-cracking, assieme a quantitativi rilevanti di propilene, il quale aveva allora limitati impieghi e sul quale Natta indirizzò le proprie ricerche.
Nei primi mesi del 1954 Natta, utilizzando i catalizzatori di Ziegler, ottenne il primo polipropilene parzialmente cristallino e l'11 marzo an-notò sulla sua agenda "Fatto il polipropilene". Riconobbe subito che la cristallinità del polimero cosi ottenuto era dovuta a un particolare tipo di regolarità sterica, che definì "isotattica".
Prima della scoperta di Natta, nei polimeri sintetici ottenuti da monomeri di tipo vinilico, la successione delle unità monomeriche lungo le catene polimeriche era di tipo disordinato, in particolare dal punto di vista sterico. La polimerizzazione stereospecifìca consentiva, per la prima volta, la sintesi di polimeri ordinati, sia chimicamente che stericamente, a partire da monomeri di tipo vinilico o comunque insaturi.
In precedenza, polimeri di questo tipo si trovavano soltanto in natura (ad esempio gomma naturale e guttaperca).
Il tipo di regolarità concernente il concatenamento delle unità monomeriche nelle macromolecole dei prodotti polimerici condiziona in modo determinante le proprietà del polimero stesso. Si possono ricordare in proposito le differenze tra la gomma naturale e la guttaperca (entrambe sono polimeri dell'isoprene: la prima è un poliisoprene 1,4-cis e la seconda un poliisoprene 1,4-trans). Anche le rilevanti differenze di proprietà meccaniche, fisiche ed organolettiche che si riscontrano tra la cellulosa e l'amido sono dovute alla differenza tra il tipo di regolarità sterica con la quale unità monomeriche tra loro identiche (glucosio) si susseguono lungo le catene polimeriche.
Il polipropilene stereoregolare definito da Natta "isotattico" è una polvere cristallina di densità inferiore a quella dell'acqua, che fonde oltre 170°C e dalla quale sono ottenibili manufatti aventi un carico di rottura di 3-4 kg/mm2; il polipropilene non stereoregolare (atattico) è una sostanza oleosa.
Il primo lavoro su questa scoperta venne presentato all'Accademia Nazionale dei Lincei nel 1955 [G. Natta, Una nuova classe di polimeri di alfa-olefine aventi una eccezionale regolarità di struttura, in "Atti Acc. Naz. Lincei", Mem. 4 (8), 61 (1955)].
È impossibile delineare in poche pagine l'ampiezza e l'importanza dei contributi apportati da Natta e dalla Scuola in questo campo; un semplice elenco dei temi affrontati negli anni che vanno dal 1953 al 1971 (negli anni successivi, fino al 1979, le pubblicazioni che portano il nome di Natta riguardano rassegne, monografie e testi didattici), presso l'Istituto di Chimica industriale del Politecnico di Milano e che sono sviluppati in poco meno di un migliaio di pubblicazioni scientifiche (vedasi anche Appendice A, ove i temi sono suddivisi per argomenti e periodi, con l'indicazione dei principali collaboratori) è riportato di seguito:

- sintesi, caratterizzazione della struttura allo stato cristallino e determinazione di talune proprietà chimico-fìsiche, meccaniche e fisiche di diverse decine di nuovi tipi di polimeri;
- preparazione, studio e caratterizzazione di sistemi catalitici costituiti da un composto di metallo di transizione e da un composto metallorganico (catalizzatori Ziegler-Natta) oppure da soli composti metallorganici;
- studi sui meccanismi e sulla cinetica di diverse polimerizzazioni;
- sintesi di polimeri politattici;
- sintesi asimmetriche;
- sintesi di copolimeri poliolefinici a distribuzione statistica e loro applicazione per la preparazione di elastomeri saturi;
- sintesi di copolimeri cristallini alternanti;
- preparazione e caratterizzazione di elastomeri saturi ed insaturi e di fibre;
- polimeri ad innesto;
- polimeri stereoregolari ottenuti da composti di inclusione;
- impiego di polimeri in campo farmacologico;
- applicazione di tecniche spettroscopiche (IR, NMR, ESR, Raman), radiochimiche e analitiche varie allo studio di polimeri, monomeri, sistemi catalitici e loro componenti e complessi vari.

L'importanza di queste ricerche sul piano più propriamente scientifico non si limita al fatto che la polimerizzazione stereospecifica consentiva per la prima volta la sintesi di polimeri stereoregolari ottenuti a partire da monomeri di varia natura. Fondamentali sono stati anche i lavori sulla scoperta di vari sistemi catalitici e sul loro comportamento e quelli sulla determinazione della struttura di sostanze polimeriche, sulle relazioni tra proprietà e struttura e sulle sintesi asimmetriche: con questo tipo di sintesi veniva infatti stabilito un legame tra una classe di fenomeni che si verificano in natura e reazioni realizzabili per la prima volta in laboratorio. Nello Presentation Speech fatto dal professor A. Fredga, Membro del Comitato Nobel per la Chimica della Royal Academy of Sciences svedese, in occasione del conferimento del Premio Nobel si legge: "Nature synthetizes many stereoregular polymers, for example cellulose and rubber. This ability has so far been thought to be a monopoly of Nature, operating with biocatalyst known as enzymes. But now Professor Natta has broken this monopoly."
Paul Flory, uno dei massimi cultori della scienza dei polimeri, a sua volta Premio Nobel per la Chimica nel 1974, nel 1955 aveva definito la scoperta di Natta "una rivoluzione nel campo della chimica macromolecolare."
Questa "rivoluzione" ha poi coinvolto l'intero mondo scientifico ed industriale specialistico del settore, nel senso che, ben presto, dopo il 1954-1955, buona parte dei laboratori di ricerca universitari ed industriali che nelle varie parti del mondo si occupavano di chimica macromolecolare finì col dedicarsi, in misura più o meno rilevante, ad attività riguardanti la neonata polimerizzazione stereospecifica. E per diversi anni questi laboratori si sono essenzialmente ispirati ai lavori di Natta e della sua Scuola, facendo cioè, per lo più, una ricerca di rincorsa. Non è fuori luogo affermare che la maggior parte dei risultati di rilievo ottenuti nel campo della polimerizzazione stereospecifica in senso lato ha continuato, per diversi anni, a partire dal 1954, a provenire dai laboratori di Natta.
Nel numero di giugno del 1961 del J. of Polymer Science, a lui dedicato, come "The Father of Stereoregular Polymers" si legge:
Seldom has a scientific contribution aroused such a profound fundamental interest and been followed by such a rapid technical development as the series of publications by Professor Giulio Natta and his co-workers on the stereospecific polymerization of olefins, which started to appear in the Italian journals several years ago and have continued ever since. Many prominent scientists in many large research laboratories have become interested in the new technique and have focused their interests and efforts on its promotion. Yet Professor Natta has succedeed in maintaining undisputed leadership in this field of polymer chemistry and continues to surprise his colleagues by new and unexpected discoveries along the general principles of stereoregulation.

La vastità e l'importanza dei nuovi campi di attività di ricerca originati dai lavori di Natta risultano anche dal fatto che, ancora oggi, a oltre 50 anni dalla sua scoperta, la polimerizzazione stereospecifica continua ad essere oggetto di intensi e numerosi studi, sia di tipo scientifico che applicativo.
Sul piano applicativo tali ricerche hanno condotto alla scoperta di nuovi tipi di polimeri di rilevante interesse industriale, quali il polipropilene isotattico, utilizzato nella produzione di materie plastiche, fibre sintetiche e fogli trasparenti, i copolimeri etilene-propilene e il polibutadiene 1,4-cis, due importanti elastomeri sintetici.
Per evidenziare l'importanza a livello applicativo di queste scoperte può essere ricordato quanto riportato nel numero di novembre 1963 de "La Chimica e l'Industria", nell'editoriale dedicato a Natta, a seguito dell'assegnazione del premio Nobel: "... il campo della chimica industriale è stato 'arato' talmente a fondo che difficilmente ci potrà riservare la sorpresa di scoperte d'importanza altrettanto rilevante". A oltre 50 anni dalla scoperta fatta da Giulio Natta, questa affermazione non è ancora stata smentita.
L'importanza sul piano commerciale del polipropilene isotattico, degli elastomeri a base di etilene e propilene e del polibutadiene 1,4-cis si rileva dal fatto che il polipropilene si colloca, in termini di valore commerciale, al terzo posto tra tutti i prodotti chimici ottenuti su scala industriale e precede i polimeri stirenici, le poliammidi, e i polimeri e copolimeri del cloruro di vinile, mentre il polibutadiene 1,4-cis e i copolimeri a base di etilene e di propilene occupano rispettivamenteil secondo e il terzo posto tra le gomme sintetiche.

Ci si può ora chiedere in quale modo risultati tanto significativi si siano potuti ottenere in così poco tempo. Il fattore determinante va senza dubbio ricercato nella personalità di Giulio Natta, nella sua profonda preparazione in vari settori della chimica e nelle sue geniali intuizioni. Ma intuizione e preparazione scientifica non sono sufficienti per sviluppare ricerche in un campo del tutto nuovo e su varie sostanze prima di allora inesistenti, anche tenuto conto del fatto che queste ricerche erano caratterizzate da un'ampia interdisciplinarietà e che necessitavano di metodologie e di tecniche di indagine di svariata natura. In primo luogo servivano mezzi e una "Scuola".
Per quanto concerne la messa a disposizione dei mezzi economici e di apparecchiature, il merito va riconosciuto all'allora Montecatini, nella persona dell'amministratore delegato dell'epoca, ing. Piero Giustiniani. Di notevole livello è stato l'insieme delle attrezzature approntate per lo sviluppo delle ricerche: dalle varie apparecchiature per determinazioni spettroscopiche, analitiche e chimico-fisiche, fino a quelle del Laboratorio prove materie plastiche (fondato nel 1952 con il contributo di alcune aziende); tale Laboratorio, oltre ad effettuare prove per conto terzi, ha contribuito a caratterizzare diversi dei nuovi polimeri, in particolare: polipropilene e gomme etilene-propilene.
La "Scuola", originariamente (nel 1954-1955) costituita da una quindicina di ricercatori tra assistenti universitari e laureati Montecatini - per la maggior parte molto giovani - si è poi ampliata nello stesso Politecnico con altri ricercatori Montecatini e presso altre sedi universitarie e centri del CNR, fino a formare studiosi che occupano ancora oggi, o hanno occupato, posizioni di prestigio in università italiane e straniere, nelle maggiori industrie chimiche nazionali e nei Centri e Istituti di ricerca del CNR, sorti con la creazione del Centro Nazionale di Chimica delle Macromolecole e con l'Istituto Nazionale di Chimica delle Macromolecole.


La personalità scientifica, le intuizioni e l’attaccamento alla ricerca di Giulio Natta

Il fattore determinante che consenti il conseguimento di risultati di tanto rilievo, in particolare nel campo della polimerizzazione stereospecifica, in un lasso di tempo relativamente breve, va ricercato nella personalità di Natta, nella sua profonda preparazione in vari settori della chimica, nelle sue geniali intuizioni e nella sua conoscenza molto chiara e profonda delle frontiere raggiunte dalla tecnologia e dalla scienza chimica, intese nel senso più ampio: a differenza della maggior parte degli altri premi Nobel egli non era uno specialista. Per Natta la scienza chimica era un tutto unico, dallo studio delle molecole in laboratorio, all'impianto industriale.

Le sue intuizioni possono essere meglio illustrate con alcuni episodi. Poco dopo la scoperta della polimerizzazione stereospecifica del propilene egli osservò, nel corso di una conversazione con suoi collaboratori, che sarebbe stato possibile ottenere degli elastomeri disturbando l'attitudine a cristallizzare del polietilene mediante l'introduzione, nella sua catena, di alcune irregolarità, conseguibili con la copolimerizzazione dell'etilene con il propilene. Pochi giorni dopo fu realizzato in laboratorio il primo copolimero etilene-propilene, di cui vennero accertate le proprietà elastomeriche.
In un'altra occasione Natta chiese di "trovare" - per motivi di difesa brevettuale - un polipropilene cristallino diverso dal polipropilene isotattico, ossia il polipropilene sindiotattico, la cui esistenza era solo ipotizzata. Anche in questo caso, dopo pochi giorni, il nuovo polimero venne identificato e separato e ne fu definita la struttura cristallina. A pochi mesi di distanza venne messo a punto un catalizzatore altamente sindiospecifico nella polimerizzazione del propilene.
Altri episodi evidenziano il profondo attaccamento di Natta alla ricerca. Nel 1957 fu invitato a tenere la conferenza generale al 16° Congresso Internazionale di Chimica Pura e Applicata (IUPAC) a Parigi. Purtroppo si ammalò (erano i primi sintomi del morbo di Parkinson) e fu costretto a letto per parecchie settimane. La conferenza venne preparata in lunghe sedute tenute attorno al suo letto. Alcuni anni dopo subì un primo intervento al cervello: il giorno stesso dell'operazione, a intervento appena avvenuto, telefonò, dall'ospedale, ai suoi collaboratori per informarsi sull'esito di una esperienza che gli stava particolarmente a cuore. Era un lavoratore instancabile. Lavorava fino a tarda notte, anche nei giorni festivi o in vacanza, sovente in compagnia dei suoi collaboratori, che si alternavano alla sua scrivania in via Mario Pagano a Milano o nelle case di villeggiatura, abitudine che Natta mantenne anche dopo essere stato colpito gravemente dal morbo di Parkinson, di cui avrebbe sofferto per circa 20 anni.

Natta non è stato solo un grande scienziato, è stato un grande maestro. Già negli anni che precedettero i suoi lavori sulla polimerizzazione stereospecifica aveva formato studiosi poi chiamati a ricoprire prestigiose cattedre universitario.
Per la sua attività Natta ha ricevuto, oltre al premio Nobel, numerosissimi riconoscimenti nazionali e internazionali


Il professore

Oltre all'attività scientifica di Natta va ricordata quella didattica. Amava profondamente la scuola e l'insegnamento, attività che collocava tra le più importanti e nobili. Preparava con cura ogni sua lezione, anche se più che di lezioni si trattava spesso di conferenze, con le quali trasmetteva la ricchezza delle sue esperienze, trattando argomenti che aveva potuto approfondire attraverso una conoscenza diretta.
Finché lo stato di salute glielo consenti volle continuare a esaminare personalmente ogni suo allievo. Le generazioni di allievi ingegneri chimici che hanno avuto il privilegio di frequentare il suo corso, o di svolgere con lui tesi di laurea, non possono dimenticare il suo impegno di "Professore".
I colleghi gli hanno sempre riconosciuto il grande merito di aver saputo ammodernare l'insegnamento della Chimica industriale, improntandolo con criteri razionali e deduttivi, radicalmente diversi da quelli tradizionali.


L’uomo

Come uomo, Giulio Natta era timido e riservato, anche se da studente prendeva volentieri parte alla vita goliardica e partecipava alle feste studentesche. Con tutti sapeva mantenere rapporti sinceramente umani, anche se mascherati da un apparente distacco, certo dovuto alla timidezza. Sapeva incutere rispetto, senza mai alzare la voce: non dava ordini né ai collaboratori, né agli studenti, ma solo consigli e suggerimenti. Nondimeno seppe coordinare, con tratto garbato e con grande fermezza, l'attività dei diversi gruppi di ricercatori, ciascuno con le proprie competenze specialistiche, accettandone le diverse personalità.
La vita in famiglia e i rapporti con vari scienziati italiani e stranieri erano gestiti dalla signora Rosita Beati, sposata nel 1935, laureata in Lettere, donna di vasta cultura, di grande sensibilità e molto dinamica, che fu di valido aiuto al Professore anche con il suo affetto. La signora Rosita morì prima di lui, nel 1968, lasciando un profondo dolore nei figli Franca e Giuseppe e in quanti l'avevano conosciuta.
Sin da studente Natta amava la vita all'aria aperta, con escursioni in montagna e gite sciistiche ed ha sempre continuato ad amare la natura, il silenzioso riposo della pesca, le lunghe passeggiate nei boschi alla ricerca di funghi. Grande conoscitore di minerali, funghi e piante: quando si doveva recare in un Paese straniero si documentava sui tipi di alberi che vi avrebbe trovato.
Ed è nella tranquillità di una sua casa sulla collina di Bergamo, accanto alla figlia Franca, che il 2 maggio 1979 cessò di vivere, dopo anni di sofferenza fisica sopportata con grande forza d'animo.

   
 
     
     
     
 
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